MANIFESTO

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come tutto in natura, anche il manifesto di questo blog è in continua mutazione. nessuno scopo preciso. la verità non credo esista, tanto più nell’epoca post-moderna, dove il bombardamento mediatico è cresciuto grazie ad internet e alle nuove tecnologie. nell'abbondanza ci si confonde facilmente. tuttavia, alcuni punti di vista rimangono dominanti, in quanto maggiormente pubblicizzati dagli organi di informazione ufficiali. questo spazio, tra l’altro, vorrebbe essere veicolo per quelle voci che non si sentono e che per la maggior parte delle persone flirtano con l’assurdo. mi è sempre piaciuto l’assurdo per la sua vicinanza con la natura intima degli esseri e dei fenomeni. per la maggior parte pubblicherò delle playlist salvate sul mio canale di youtube, non per imporre la mia visione incoerente della realtà, ma per dare asilo, oltre che alle versioni ufficiali, a tutto il sommerso di voci più o meno nascoste che dicono il diverso. se poi si tratta di complotti o paranoie, questo lo deciderà il lettore. non cerco fan né promuovo un ideale specifico. non ho la costanza per stare dietro a nessun impegno superiore al respirare. sento semplicemente lo scemare della libertà di espressione, la delicata linfa della diversità andare sperperandosi senza che la maggior parte lo consideri un delitto. vedo le generazioni assopirsi e sento che anche per me, apatico cronico, è venuto il momento di alleggerire la coscienza.

mercoledì 22 febbraio 2012

Le sanzioni all'Iran, di Richard Javad Heydarian (parte 2)

LA RESILIENZA ECONOMICA IRANIANA

La forza dell’Iran risiede nel surplus commerciale, un basso debito pubblico lordo e la relativa imponenza della sua economia (diciassettesima a livello mondiale), che ha beneficiato degli alti prezzi del petrolio negli ultimi anni. Con un basso debito pubblico e un sano bilancio commerciale, l’Iran, nel frattempo, può continuare ad emettere obbligazioni e appoggiarsi a finanziamenti esterni per soddisfare le proprie esigenze. Lo stato è al centro dell'economia e pertanto l'emissione di titoli di stato comporta un limitato rischio di crowding out per il settore privato. Inoltre, la crescente incertezza geo-politica e l’aumento della domanda di petrolio, hanno causato un rialzo dei prezzi del greggio. Ecco che l’Iran può conservare ancora il suo slancio economico, purché mantenga un livello relativamente stabile degli scambi di petrolio con clienti alternativi, una volta che l'embargo dell’Unione Europea entrerà in vigore nel giugno 2012. Malgrado le sanzioni, l’Iran ha in previsione di esportare circa l'80 per cento del suo petrolio, così da mantenere un significativo flusso di denaro in entrata per i prossimi mesi. Ci sono anche dei dubbi in termini di capacità e volontà da parte dei fornitori alternativi di compensare le mancate esportazioni iraniane. L’Iran esporta circa 2,5 miliardi di barili di petrolio al giorno, che rappresentano circa il 70 per cento delle capacità di ricambio dei paesi OPEC. Di conseguenza, sostituire le esportazioni iraniane significa minare ulteriormente la stabilità, già precaria, dei mercati globali di energia. Vista l’elevata volatilità del mercato energetico negli ultimi anni, l'Agenzia Internazionale per l'Energia (AIE) ha già utilizzato le sue riserve strategiche in più istanze, al fine di rinsaldare un mercato sempre più instabile. L’elevata deregolamentazione dei mercati delle materie prime significa anche che la speculazione e l’emotività svolgono un ruolo fondamentale nella determinazione dei prezzi del petrolio. Con l’aggiunta di ulteriori segni di incertezza provenienti dal versante geo-politico, la situazione potrebbe aggravarsi ulteriormente. Supponendo che il petrolio iraniano fosse totalmente embargato, la minaccia ultima consisterebbe nel collasso totale nei mercati dell'energia e l'aumento del prezzo del greggio a circa 250 $ al barile, con i paesi che avvierebbero un razionamento e una corsa all’accaparramento delle forniture. Questo porterebbe non solo a soffocare le economie più fragili nel nord, ma comprometterebbe anche la parabola ascendente di molte economie emergenti, che già stanno lottando contro il calo della domanda in Europa e in America. Il petrolio iraniano è semplicemente troppo indispensabile alla stabilità economica globale e non esistono alternative ragionevoli nel prossimo futuro. Nessuna c’è da meravigliarsi quindi che Turchia, India e Cina continueranno a comprare petrolio iraniano, mentre Corea e Giappone cercheranno disperatamente di convincere gli Stati Uniti a concedere loro esenzioni e deroghe per continuare le loro importazioni dall’Iran. Come rappresaglia per le misure della Unione Europea, un Iran relativamente fiducioso già ha minacciato di anticipare l'embargo tagliando gli approvvigionamenti all’Europa. I migliori clienti europei, dall'Italia alla Grecia fino alla Spagna, sono le economie più fragili del continente, così ogni misura preventiva iraniana costituirebbe un colpo enorme per le economie dell'UE. Un’iniziativa del genere potrebbe ulteriormente erodere la fiducia nel mercato affossando i rating di credito, il che, a sua volta, farebbe aumentare gli interessi passivi. Colpendo l’Iran, l’Europa in realtà sta minando la propria stabilità. In definitiva, le sanzioni non saranno sufficienti a paralizzare il paese. Un’iniziativa del genere è controproducente e destinata a fallire. Le sanzioni, nel migliore dei casi, potrebbero influenzare intorno al 10 per cento dell'economia dell'Iran, ma il paese avrà tutti i fondi necessari per continuare i suoi programmi nucleari. In realtà, il governo ha proposto un bilancio di 443 miliardi di dollari per il 2012, e prevede di raddoppiare le spese militari nei prossimi mesi. Pertanto, le sanzioni servono semplicemente a danneggiare il popolo iraniano e a fomentare ulteriore diffidenza verso l’occidente.

RIAPERTURA DEI COLLOQUI

Con tante frizioni ad inasprire i legami tra l'Iran e l'Occidente, l'onere della riapertura dei colloqui è stato posto sulle spalle di paesi come Turchia e Russia, che hanno mantenuto forti legami con il loro vicino persiano. Russia e Turchia hanno un interesse diretto nella stabilità dell'Iran, perché qualsiasi conflitto tra l'Occidente e lo stato arabo potrebbe compromettere la sicurezza regionale e avere enormi effetti negativi sui legami commerciali con Teheran. Mentre la Russia detesta qualsiasi avventura militare occidentale vicino ai suoi confini, l’economia in grande crescita della Turchia è altamente dipendente dalle esportazioni di energia iraniana. Qualsiasi conflitto in Iran potrebbe minare la sicurezza nazionale della Turchia e spegnere tutte le sue speranze di entrare a fare parte dell’Unione Europea. Quindi la posta in gioco è abbastanza alto per entrambe le nazioni, interessate a canalizzare le crescenti tensioni in direzione di una risoluzione diplomatica. Dal momento della chiusura dell'ambasciata britannica a Tehran, i canali di comunicazione iraniani con l’occidente si sono notevolmente ridotti, così da rendere Mosca e Ankara l'ultimo significativo ponte tra l'Iran e l'Occidente. Da parte sua, l’Iran sembra essere interessato a sedersi attorno a un tavolo, ed invia i suoi alti funzionari regolarmente a Mosca ed Ankara per preparare il terreno alle negoziazioni. L'economia iraniana sta accusando il colpo e Teheran non sembra interessata ad impegnarsi in qualsiasi confronto militare, preferendo riavviare nuovamente colloqui sostanziali. I pragmatisti stanno attivamente spingendo per una soluzione diplomatica. Il presidente Mahmoud Ahmadinejad e il ministro degli esteri Ali Akbar Salehi, hanno recentemente ribadito l’interesse del loro paese a riaprire i colloqui con il cosiddetto (P5 + 1), composto da Germania e cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (UNSC). Per dimostrare la sua sincerità, il mese scorso, la leadership iraniana ha accolto una visita tecnica dei rappresentanti dell'AIEA. Entrambe le parti hanno definito la visita come molto costruttiva, e stabilito un accordo per effettuare il più presto possibile un’ulteriore visita. L’Iran sta anche ultimando il contenuto della risposta alla richiesta dell'Unione Europea per i colloqui sulla questione nucleare, con Istanbul come sito probabile per ospitare i negoziati. Tuttavia, l'Iran ha respinto in anticipo qualsiasi richiesta di sospensione di arricchimento nucleare, ma c'è un'alta probabilità che aderisca ad una proposta “passo passo” proveniente dalla Russia, secondo la quale in cambio della trasparenza dell’Iran in ogni fase dei negoziati, ci sarà un’attenuazione delle sanzioni.

L’OCCIDENTE DOVREBBE RIPENSARE LA PROPRIA STRATEGIA

L'alternativa strategica alla diplomazia è la guerra, perché le sanzioni sono solo una manovra tattica per raggiungere fini strategici. Tuttavia, le sanzioni, soprattutto nel caso dell'Iran, non fanno altro che punire la maggior parte della popolazione, innocente, amareggiano la società, e incoraggiano i “falchi” a scapito dei “pragmatisti”. Tecnicamente, l'economia dell'Iran è semplicemente troppo grande da paralizzare, senza rischiare un terremoto energetico a livello globale e il complesso nucleare iraniano è troppo avanzato per smantellarlo. L’Iran sarà in grado di sopportare le pesanti sanzioni, perché il paese ha ancora miliardi di dollari per sostenere le proprie forze armate e avanzare nel suo programma nucleare. Pertanto, è fondamentale per l'Occidente dare alla diplomazia una possibilità e ricalibrare il tenore delle sanzioni. La guerra è un'alternativa impensabile, perché qualsiasi conflitto tra una potenza regionale come l'Iran e l'Occidente potrebbe innescare una crisi internazionale. L'economia mondiale è troppo fragile per sopportare un urto tanto forte, ed è nell'interesse della società internazionale trovare una soluzione pacifica e diplomatica al programma nucleare iraniano, per timore di incorrere in una recessione economica globale ancora più letale. I negoziati non potranno risolvere le grandi differenze ideologiche e strategiche, ma sono un passo cruciale e necessario per costruire un clima di fiducia e superare il profondo senso di diffidenza reciproca che divide le parti. Se l'Occidente avesse accolto con favore la Dichiarazione di Teheran del 2010, saremmo ora nel secondo anno di negoziati atti a sviluppare la fiducia e il dialogo tra le parti. Eppure c'è ancora speranza. I “pragmatici” dell'Iran percepiscono l’urgenza della questione, mentre gli interlocutori come la Turchia – per nulla scoraggiati dallo snobismo dell'Occidente verso la proposta turco-brasiliana sul programma nucleare iraniano - cercano instancabilmente di evitare una catastrofe. Lo status quo è semplicemente insostenibile. L’Iran ha mostrato il suo interesse alla riapertura dei colloqui, Turchia e Russia hanno sostenuto tale mossa, ora la palla passa nelle mani dell’Occidente. Speriamo che la ragione ancora una volta prevalga sulla passione. 

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